L’ossigeno che introduciamo nel nostro corpo attraverso la respirazione arriva nei polmoni e, in corrispondenza degli alveoli, passa nel sangue dove si lega all’emoglobina (che passa dallo stato libero a quello legato) che lo trasporta in tutti i distretti del corpo. Quando, per le ragioni che possono essere le più disparate, questo meccanismo di scambio non funziona a dovere, allora nel flusso sanguigno in proporzione c’è meno emoglobina legata e più emoglobina libera.
È sulla rilevazione di queste due tipologie diverse di emoglobina e sul calcolo del loro rapporto reciproco che si basano i saturimetri, strumenti che permettono di determinare in modo quasi istantaneo e soprattutto non invasivo la saturazione (SpO2) del sangue.
Mentre nelle persone che godono di buona salute questo parametro va in genere dal 95-96% in su, nei soggetti che soffrono di patologie respiratorie – ad esempio disfunzioni polmonari – la percentuale della SpO2 può anche scendere al di sotto del 90%. In questi casi si parla della cosiddetta “ipossiemia”, che è un problema serio e da affrontare tempestivamente.
I saturimetri sono stati per lungo tempo strumentazioni pressoché esclusive di ospedali, ambulatori e altri centri specializzati in salute; da diversi anni però anche il comune cittadino può avvalersi di queste tecnologie, disponibili in modelli per l’uso domestico. Essendo semplicissimi da usare e di altrettanto facile lettura, i saturimetri sono ideali per il monitoraggio casalingo di persone malate o anziani.