Oggetto di metallo dopo micropallinatura

Per mezzo dei film o forse di qualche remoto ricordo d’infanzia, probabilmente molte persone hanno in mente la figura dei fabbri “di una volta”, intenti a martellare ripetutamente sull’incudine dei pezzi di metallo lavorandoli pazientemente sino a ottenere oggetti di ogni tipo.

Il fatto di battere a lungo il metallo non aveva solamente lo scopo di plasmare e conformare il materiale ma anche quello di renderlo più robusto. La compressione causata dai ripetuti colpi del maglio permetteva di creare quelli che oggi in fisica e ingegneria si definiscono come stress compressivi, ovvero tensioni interne che migliorano la resistenza del materiale.

La moderna micropallinatura riprende in parte questo principio con la differenza che, invece di grossi martelli e di incudini, l’oggetto da trattare viene battuto mediante piccole sfere scagliate ad alta velocità. La pallinatura prevede l’impiego di “proiettili” di materiali diversi a seconda del materiale e del tipo di trattamento da eseguire; tra i più usati vi sono l’acciaio, la ceramica o il corindone.

Impattando con un’elevata quantità di moto contro l’oggetto in metallo, le sfere impiegate dalla micropallinatura vanno a creare microscopiche deformazioni che aumentano progressivamente la robustezza superficiale del materiale.

Il trattamento consente anche di beneficiare di un altro importante vantaggio, ovvero la pulizia della superficie del manufatto determinata dall’azione abrasiva intensa della graniglia. La micropallinatura può essere quindi considerata un trattamento “2 in 1”, avente sia finalità tecnico-pratiche che estetiche.