Colori intensi, trame uniche, manifatture di elevatissimo pregio e l’ineludibile sapore d’oriente. I tappeti orientali portano nelle eleganti case d’occidente un superbo tocco esotico, non riproducibile e per questo così ardentemente desiderato. L’impero della produzione in serie si lascia incantare da questi pezzi unici, spesso annodati con sapienza millenaria dalle tribù nomadi che si spostano sulle impervie montagne dell’Iran, dell’Afghanistan, del Pakistan, portando con se le loro pecore, le loro capre, e un saper fare che non si compra, ma si tramanda di generazione in generazione.
A noi occidentali, è concesso di accostarci a questa lunga tradizione e di carpire la magia d’oriente osservandola dal buco della serratura. Da secoli, i mercanti occidentali portano questi stralci d’oriente nel nostro continente: quando veniamo a contatto con un tappeto orientale, possiamo avvertire il sapore d’un lento, millenario, lavoro. Ce ne innamoriamo, ci lasciamo stregare, e finiamo per scoprire che nella nostra casa mancava esattamente quel pezzo.
I tappeti persiani si adattano meravigliosamente ad ogni ambiente, sembrano mutare docilmente carattere per meglio assecondare le esigenze più disparate. Mi capitò di trovare dei tappeti persiani in un fumoso club nella Germania dell’est: vecchie e consunte poltrone, lampade che emanavano una luce corposa, pesanti tendaggi, e poi loro, antichi tappeti adagiati con noncuranza su un pavimento d’assi in legno scuro.
Eppure, il tappeto orientale ha percorso i secoli e il mondo intero, proprio perché si è rivelato capace di donare una raffinata nota di colore a qualsiasi ambiente.
Moderne abitazioni dai grandi spazi ariosi e dall’arredamento minimalista sono perfettamente completate da un grande tappeto persiano, umilmente autorevole, vera fonte di rasserenante calore, sentinella d’una squisita e antica eleganza.
Il segreto di quest’arte antica, impenetrabile per l’uomo occidentale, risiede forse nell’ammirevole pazienza di intere popolazioni, nella loro capacità di confezionare opere d’arte nelle condizioni di vita più dure e di far emergere la meraviglia laddove è promessa soltanto sterilità.